Come tutti gli anni, anche il 2021 si è chiuso coi botti: non quelli dei fuochi artificiali, ma quelli del COVID, con un numero di contagiati che ha raggiunto, non solo in Italia, valori record. E non si è trattato di “limature” di record precedenti, come avviene nello sport, ma di record stratosferici: i quasi 103 mila contagiati del 31 dicembre, sono circa 5 volte il massimo giornaliero raggiunto nel 2020; per intenderci, è come se sulla terra fosse sceso un marziano e avesse corso i 100 metri, non poco al di sotto del record mondiale (9”58), ma in appena 2-3 secondi! Pochi giorni dopo anche quel record è stato nuovamente “stracciato”, con quasi 175 mila nuovi contagiati nel giro di 24 ore (l’11 gennaio) e nulla ci dice che sia finita qui.
L’epidemia non è fatta però solo di contagiati, ma anche di ospedalizzati, in forma più o meno grave, e, soprattutto, di morti. Un valutazione che non voglia essere solo “ad effetto”, o che non voglia dimostrare una tesi precostituita, deve tener conto, a nostro avviso, di tutti questi aspetti, altrimenti, per dirne una, dovremmo metterci a contare, oltre ai morti “per covid”, i morti da attribuire comunque “al covid”: vale a dire tutti coloro che non hanno potuto essere curati, operati, guariti, perché il sistema sanitario, in tutte le sue parti, era impegnato a fronteggiare i contagiati dal covid o perché, ancora peggio, un medico ha dovuto scegliere chi curare e chi no.
Abbiamo quindi costruito un primo grafico (fig. 1) nel quale i vari aspetti della pandemia sono stati rapportati ai valori massimi raggiunti e unificati in un unico indicatore “composito”. Esso mostra, sia in Lombardia che in Italia, soprattutto due cose: la prima è che i valori a fine 2021 non sono comunque i più alti dell’anno in assoluto, segno che l’andamento di altri aspetti ha compensato l’eccezionale crescita dei contagi; in secondo luogo la curva del grafico mostra un andamento stagionale tipico di malattie come influenza, polmoniti, bronchiti e simili, che iniziano a crescere di numero alla fine dell’estate, raggiungono un picco a fine inverno, dopo di che si riducono, per ricominciare a crescere nuovamente a fine estate-inizio dell’inverno successivo.
Attenzione, nessun fraintendimento o ambiguità: il covid NON E’ una delle malattie citate, ne ha semplicemente un ciclo di diffusione temporale simile. I picchi di contagi a fine 2021 non hanno quindi nulla di atipico, ma il “marziano” a cui si devono, è semplicemente una variante, venuta questa volta dal Sudafrica, di quella che deteneva il record precedente!
Nel secondo grafico (fig. 2) abbiamo messo a confronto, dall’inizio della pandemia a fine 2021, il numero indice dei contagi e dei decessi giornalieri, fatto 100, anche in questo caso, il massimo valore raggiunto: contagi e decessi che sono i due fenomeni “estremi”, possiamo dire, l’inizio della malattia e il suo esito più tragico.
Quello rappresentato è il grafico costruito per la Lombardia, ma il profilo delle curve non è molto diverso da quello nazionale. Esso mostra che i contagi giornalieri (linea rossa) raggiungono i valori massimi a fine 2021, mentre i morti alla stessa data (linea blu), non sono nemmeno un decimo rispetto a quelli che si sono avuti nel marzo del 2020.
Anche in questo caso, attenzione, ciò non vuol dire affatto che l’epidemia vada presa sottogamba, ma vuol dire che lo scenario è radicalmente cambiato.
A cosa ciò sia dovuto non ci è stato però ancora detto per intero: la spiegazione ufficiale è la protezione offerta dai vaccini, crescente col numero di dosi assunte; protezioni non tanto dai contagi, ma dalle forme più gravi della malattia; e qui, diciamo la verità, siamo un po’ delusi, perché, soprattutto chi ha una certa età e non ha mai avuto problemi a vaccinarsi, riteneva, una volta vaccinatosi, di non doverci pensare più.
Non è così, purtroppo; al 13 gennaio erano state usate in Italia 117 milioni di dosi; tenendo conto di 5-6 milioni di irriducibili no-vax, ogni italiano ha mediamente assunto 2,1 dosi e ci saremmo quindi aspettati un calo drastico dei contagi rispetto all’inverno scorso, esattamente il contrario di ciò che avviene.
Ma si tratta solo di immunizzazione parziale (e a tempo) o a questi limiti del vaccino si devono aggiungere gli effetti dell’ultima mutazione? Mutazione molto più aggressiva delle precedenti (perché, ci dicono, colpisce le vie aeree superiori, senza bisogno di arrivare ai polmoni) anche se magari (ma nessuno lo ha detto) con una carica virale meno forte.
Insomma, è tutto un divenire, non stupiamoci, e non mettiamo in croce gli addetti ai lavori, perché, come ogni scienziato onesto sa (o dovrebbe sapere) ogni teoria scientifica è valida fino a quando non viene sostituita da una nuova, capace di offrire una spiegazione più completa. Newton non era certo uno sciocco, per essere stato superato, qualche secolo dopo aver scoperto la gravità, da Einstein, che ha scoperto la teoria generale della relatività! Detto ciò, essere un buon scienziato non vuole affatto dire essere anche un buon comunicatore e quindi molti di loro dovrebbero passare più tempo in laboratorio che negli studi televisivi!
E’ già un miracolo, secondo chi scrive, che in meno di un anno un vaccino sia stato preparato; non scandalizziamoci quindi se la protezione offerta è ancora parziale, non prendiamo questo a scusa pe non vaccinarci il numero di volte che serve. In fondo anche gli antibiotici di oggi non sono certo quelli di 10 o 20 anni fa, e anche il vaccino dell’influenza va fatto tutti gli anni, no?
Bruno Paccagnella