L’Italia e la povertà

I dati Istat e un libro da poco uscito ci guidano in modo razionale ad affrontare una questione strutturale del nostro paese: la povertà.
Il 15 giugno l’Istat ha pubblicato il report sulla povertà in Italia riferito al 2021. In sintesi i dati sono questi:

-sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale da 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% come l’anno precedente);

-la povertà assoluta conferma dunque sostanzialmente i massimi storici toccati nel 2020, anno d’inizio della pandemia di Covid-19;

-per la povertà relativa l’incidenza sale all’11,1% (da 10,1% del 2020) e le famiglie sotto la soglia sono circa 2,9 milioni (2,6 milioni nel 2020).

Si tratta di cifre che confermano una strutturale e storica questione italiana, che non dovremmo mai dimenticare. Che non possiamo dimenticare anche quando prestiamo la cura come volontari alle persone in difficoltà.
Non dimenticare la povertà significa per esempio non dimenticare che ci sono cause sociali della povertà che il più delle volte sono frutto di ingiustizie.
Non dimenticarlo non solo ci rende più consapevoli ma  dovrebbe aiutarci a orientare anche il nostro agire, a piccoli passi, verso la costruzione di una società più giusta. Aiutare una persona in difficoltà così potrebbe diventare un gesto di vera compassione, di partecipazione e azione solidale, con un orizzonte politico, nel senso alto del termine “politico”.

Nel frattempo, per aumentare questa consapevolezza, suggerisco la lettura di un libro uscito nel maggio di quest’anno e scritto da Chiara Saraceno, David Benassi ed Enrica Morlicchio, “La povertà in Italia. Soggetti, meccanismi, politiche” (Il Mulino).

Nel libro il fenomeno povertà viene analizzato come una questione a più dimensioni e collocata nel contesto europeo. Nel nostro paese sono coinvolti fattori come la crescente precarietà del mercato del lavoro, i bassi tassi di occupazione femminile, la frammentazione e l’eterogeneità del sistema di protezione sociale, la scarsa e diseguale disponibilità di servizi di conciliazione famiglia-lavoro, le forti differenze territoriali.

Suggerisco in particolare l’attenzione su uno dei capitoli, il quinto, nel quale vengono focalizzati alcuni problemi che incontriamo nelle strade e nell’assistenza quotidiana a chi si rivolge alle associazioni di volontariato: il cosiddetti lavoratori poveri, i minorenni e i migranti categorie che davvero occupano quel che gli autori definiscono il “centro del regime di povertà”.

Luigi Gavazzi

leggi altri articoli