Focus Covid-19: la nuova rubrica su epidemia e vaccinazioni

Inizia con questo primo approfondimento la rubrica “Focus Covid-19: epidemia e vaccinazioni” curata da Bruno Paccagnella, nostro volontario, ricercatore economico-statistico ed ex dirigente Istat della Lombardia. 
Attraverso la competenza di Bruno vogliamo fornire un’analisi mensile, sintetica e di facile lettura, sui principali aspetti dell’andamento dell’epidemia e delle vaccinazioni.

Speriamo possa essere di utilità per chiarire alcuni aspetti e dubbi sull’attuale situazione sanitaria e siamo a disposizione per rispondere a quesiti e approfondimenti.
Potete scrivere a: associazione@associazionefsf.it

Focus Covid-19: epidemia e vaccinazioni

a cura di Bruno Paccagnella

Covid-19: l’epidemia rallenta ma non decresce
(aggiornato a 1/4/2021)

A un anno dal suo manifestarsi in Italia (primo paese europeo a esserne investito), l’epidemia di COVID-19 presenta ancora “numeri” gravissimi, per l’impatto che essa ha avuto, ha tutt’ora, e per molto tempo continuerà ad avere, sulla vita di ciascuno.

Solo nell’ultima settimana (22-28/3) i “positivi” diagnosticati sono stati in Italia oltre 20.500 al giorno (258 ogni 100.000 abitanti: oltre quindi la soglia critica di 250 fissata dai tecnici) ancora in aumento (+1,6%) rispetto alla media della settimana precedente. Iniziata nell’autunno scorso, la “seconda ondata” è ancora ben lungi dall’essere esaurita, anche se questo aspetto dell’epidemia, come altri, manifesta un rallentamento dei tassi di crescita, preludio, si spera, a una prossima inversione di tendenza. Il richiamo a quanto avvenuto  lo scorso anno, con la ripresa dei contagi dopo le “libertà” che ci siamo presi (o ci sono state concesse) nel periodo estivo, non è casuale: piuttosto, esso consiglia di non allentare le pur pesanti restrizioni alla vita sociale e lavorativa, al primo manifestarsi di qualche segnale di attenuazione dell’andamento epidemico.

Sempre nell’ultima settimana di marzo, mediamente vi sono stati infatti ancora, in Italia, oltre 32 mila ricoverati di COVID ogni giorno, il 7,2% in più rispetto alla settimana precedente; di essi 3.600 in terapia intensiva, in aumento dell’8,4%. Anche questo andamento è ancora in crescita, sia pure a ritmi inferiori a quelli delle settimane scorse. Lo stesso possiamo dire per i morti da COVID, in media 427 al giorno, vale a dire, il 6,9% in più dei sette giorni precedenti (dopo aver toccato, a metà mese, tassi di crescita settimanali di oltre il 20%).

Come si vede, gli aspetti dell’epidemia sono molteplici; ma la domanda che tutti ci poniamo, di fronte ai numeri di cui siamo inondati, è una sola: “sì, ma come sta andando veramente?” Forse il grafico che abbiamo scelto ci aiuta a capire. Esso mostra il rapporto percentuale tra quanti contraggono il COVID e quanti ne guariscono o sono dimessi dagli ospedali; il valore medio di questo rapporto ha iniziato ad abbassarsi nella prima settimana di marzo (quando in Lombardia aveva sfiorato quota 200: un guarito, ogni due nuovi positivi) e negli ultimi giorni è sceso sotto quota 100, il che significa che i guariti superano i nuovi contagiati; la strada è ancora lunga, ma è quella giusta, e allentare proprio adesso le restrizioni rischierebbe di farci fare passi indietro.

Vaccinazioni: meno annunci e più dosi
(aggiornato a 1/4/2021)

Con buona pace di chi pensa e sceglie il contrario (ma non sarebbe il caso di aprire una discussione seria sui limiti che in alcune circostanze anche le libertà individuali possono e debbono avere?), siamo convinti che l’epidemia verrà sconfitta, come sempre nella storia, dal progresso scientifico, quindi dai vaccini e dai farmaci. Certo, nella storia la fine di altre epidemie è avvenuta per “esaurimento spontaneo”, non essendovi altro rimedio, ma comunque dopo aver falcidiato vaste popolazioni.

Vale quindi la pena sottolineare una notizia che pure ha avuto scarso rilievo: proprio durante l’ultima settimana di marzo nella città di Londra (quasi 9 milioni di abitanti, poco meno di quelli dell’intera Lombardia), non si è avuto nessun morto per COVID e ve ne sono stati solo 19 nell’intera Gran Bretagna (dove i vaccinati sono già oltre 30 milioni), paese con una popolazione di 67 milioni di abitanti, analoga a quella italiana (circa 60 milioni). Oltretutto questo dice che i vaccini disponibili, sebbene “progettati” per immunizzare al meglio con 2 dosi, danno una buona protezione anche con una sola.

In Italia, fino a domenica 28 marzo (a 3 mesi dall’inizio della campagna vaccinale) le dosi utilizzate erano state meno di 9,5 milioni e le persone vaccinate meno di 6,5 milioni; di queste, quasi 3 milioni avevano ricevuto anche la seconda dose, per cui possono ritenersi “totalmente immuni”; 3,5 milioni, in attesa della seconda dose, sono invece “parzialmente immuni”: considerando che la popolazione italiana è di circa 60 milioni di abitanti, la “copertura” vaccinale completa arriva al 5%.

 Proviamo adesso a fare “quattro conti”. “L’immunità di gregge” (pessima espressione, a dire il vero) dovrebbe essere garantita dal 70-80% di popolazione immunizzata; in altre parole, ancora 40 milioni di persone circa, oltre ai 3 milioni che già lo sono.

L’obiettivo del Ministero della Salute, come viene proclamato quotidianamente, è di arrivare a 500 mila somministrazioni al giorno, il che consentirebbe di effettuare 40 milioni di vaccinazioni in 80 giorni; questo numero andrebbe però quasi raddoppiato, considerando che le dosi richieste sono due, in attesa del vaccino Johnson & Johnson, che ne richiede una sola; anche senza disporre di dati di maggior dettaglio e precisione, e ammesso che tutto vada per i meglio, e che i vaccini arrivino, almeno cinque mesi, a mezzo milione di dosi al giorno, ci vogliono tutti. E non vogliamo mettere in conto qualche “incidente di percorso”, sia pure involontario? E con questo arriviamo all’autunno, con la speranza di un inverno meno fosco di quello da cui siamo appena usciti.

Peccato però che al momento non siamo nemmeno a metà strada, dato che nell’ultima settimana le somministrazioni quotidiane di vaccini sono state mediamente 222.838. Nessuno si nasconde l’entità dello sforzo organizzativo necessario, ma serve fare molto, molto di più: innanzitutto arrivare al più presto alle 500 mila dosi al giorno, e poi  fare il possibile e l’impossibile perché la “macchina organizzativa” (dalle consegne dei vaccini a quelle delle siringhe!) funzioni a pieno regime, e per tutto il tempo necessario.

Tra le molte elaborazioni possibili abbiamo scelto di presentare, nel grafico sottostante, la quota di residenti “totalmente immunizzati” per classe di età, in Lombardia e in Italia. Al 31 marzo, a fronte di una quota complessiva del 5% in Lombardia e del 5,3% in Italia, gli over 90 che hanno ricevuto entrambe le dosi sono il 35% in Italia e quasi il 46% in Lombardia; tra gli 80-89enni la situazione si inverte: il 21% dei lombardi, 6 punti percentuali in meno rispetto alla quota nazionale. Per tutte le altre classi di età si arriva, al massimo, al 5,7% dei 50-59enni residenti in Lombardia.

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