Contro il furore dell’identità che esclude

Dovremmo interrogarci a fondo sull’uso di un concetto abusato e applicato spesso, quasi sempre per escludere, separare, allontanare: è il concetto di identità. In particolare di identità collettiva: il “noi” che ci separa da “loro”, chiunque essi siano. Al tema e alle sue implicazioni ha dedicato un libro importante e necessario, Maurizio Bettini: “Hai sbagliato foresta. Il furore dell’identità”, (Il Mulino, 2020).
In una delle prime pagine troviamo la citazione di una quartina di Giorgio Caproni, intitolata “Cabaleta dello stregone benevolo”:

Non chieder più.
Nulla per te qui resta.
Non sei della tribù.
Hai sbagliato foresta.

Osserva Bettini: sembriamo “ormai solo preoccupati di stabilire chi appartiene alla tribù e chi no, sempre ansiosi di dire a qualcun altro ‘che ha sbagliato foresta’, con il logico corollario che deve smetterla di accampare pretese su un territorio – il ‘nostro’ – che non gli appartiene”.

In questo passaggio riconosciamo quel modo di ragionare che ha diffuso nel nostro Paese, ma non solo, l’ossessione di definire chi può stare dentro – nel nome di una purezza inventata e sacralizzata – e chi deve essere fermato ai confini, oppure cacciato, allontanato perché “impuro”, “sporco”, o messo ai margini perché produce disordine, e deve essere “rimesso a posto”, cacciato o, nel migliore dei casi “evitato”.

Il libro di Bettini in sole 168 pagine mette a fuoco questo discorso sull’identità, ripetuto e usato a dismisura e strumentalizzato da coloro che Bettini definisce “armigeri del sovranismo”.

Si tratta di uno strumento prezioso per capire ma anche per intavolare un discorso alternativo, capace di mettere a nudo e decostruire le ragioni di chi attribuisce all’identità quella sacralità che dovrebbe giustificare ogni genere di discriminazione, ostilità, esclusione.

Un libro, dunque, importante per chi opera nelle associazioni di volontariato perché ci aiuta a trovare gli argomenti giusti per dar forma a un discorso alternativo, capace di spiegare le nostre ragioni di ascolto, accoglienza e inclusione.

Luigi Gavazzi

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